“Lettera di san Paolo della Croce, dove cita san Francesco di Paola. Da cui evince la devozione per il Paolano: originariamente voleva chiamare i suoi religiosi ‘Minimi della Passione di N S G C. “
LETTERE DI SAN PAOLO DELLA CROCE
500 GRAZI AGNESE. Orbetello. (n. 99)
Presentazione – Monte Argentario, inizio luglio 1739. (Originale AGCP)
E’ favorevole che preghi san Francesco di Paola perché a lei ottenga la grazia dell’umiltà e alla Congregazione “santi Servi”, che promuovano la gloria di Dio e la salvezza delle anime. Desidera sempre più che “Lei si butti come un puro nulla nell’abisso dell’infinito amor di Dio”, mantenendosi docile allo Spirito Santo e facendo l’orazione come Dio vuole. L’atteggiamento di estrema umiltà che fa stare nella consapevolezza di essere polvere e cenere, piccoli come bambini, è quello che “conserva il fuoco del S. Amore, e lo fa crescere sempre più”. Quando nell’orazione è riuscita a entrare nell’amore, deve limitarsi a dire solo qualche parola, per ringraziare il Signore per tutto quello che ha fatto e patito per noi. Basta una parola per “tener l’Anima tutta sospesa, tutta rapita, tutta innamorata e tutta languente, e spasimante d’amore e dolore”.
- M. I.
Mia Figliuola in Gesù Cristo,
le mando la betonica,1 e potrà dir al medico in che quantità ne deve metter a bollire per volta:
la faccia distendere all’ombra, acciò non vada a male.
Potrà principiare di nuovo i Venerdì a S. Francesco di Paola,2 e siccome egli fu tanto umile,
che volle chiamarsi minimo, così lo preghi che le impetri questa grazia per me pure, che stiamo veramente annichilati avanti a Dio con vero disprezzo di noi, e la totale unione, e trasformazione nel Divin Beneplacito, e principalmente preghi questo gran Santo, che s’impegni presso S. D. M. acciò mandi santi Servi suoi in questo Ritiro, affine promuovano la maggior Gloria Sua, e salute delle Anime ecc.
Desidero sempre più, che Lei si butti come un puro nulla nell’abisso dell’Infinito Amor di Dio, e seguiti l’aura amorosa dello Spirito Santo, facendo orazione come vuole S. D. M. Dio si compiace di quelli che si fanno piccoli e diventano come piccoli fanciullini:3 questi se li tiene nel Suo Seno Divino,4 e li allatta, con quel latte divino, e mosto dolcissimo del S. Amore, che inebria, chi lo beve, ma questa è una S. Ubriachezza che fa divenir sempre più savio.
Via dunque, Figlia mia in Cristo Gesù, nuoti pure in questo Pelago d’Infinita Carità, e per nuotare con più agevolezza s’incenerisca con quel sacrificio d’olocausto, che abbiamo detto nelle
LETTERE DI SAN PAOLO DELLA CROCE nostre conferenze:5 o che questa cenere è quella che conserva il fuoco del S. Amore, e lo fa crescere
sempre più.
Quando la povera farfalletta anderà girando intorno a quel lume divino, tutta ansiosa
d’abbruciarvisi, d’incenerirvisi dentro, non tralasci di parlargli con gran rispetto, e gratitudine, e amore sviscerato, delle maraviglie che ha operate per noi in farsi uomo, patire, morire ecc. Una o due parole, possono tener l’Anima tutta sospesa, tutta rapita, tutta innamorata e tutta languente, e spasimante d’amore e dolore.
Dio insegna e rivela ai piccoli le sue maraviglie, e le nasconde ai sapienti del mondo:6 così l’Evangelo e perciò intenda.
Gesù la benedica.
[Ritiro della Presentazione, inizio luglio 1739]7
Suo Servo Paolo
Note alla lettera 500
- La betonica è una pianta erbacea che in passato era impiegata contro molte malattie.
- La venerazione a san Francesco di Paola (27 marzo 1416 – 2 aprile 1507) era molto diffusa. Ai piedi dell’Argentario, nella località Terrarossa, c’era una cappella, dotata di un altare per celebrare la Messa e di un confessionale, dedicata a questo Santo. Ad Orbetello i religiosi Minimi, fondati da lui, avevano un convento e ufficiavano la chiesa di S. Francesco. La memoria liturgica di san Francesco di Paola si celebra il 2 aprile. Durante la sua permanenza in Francia, verso la fine della sua vita, egli diede inizio alla “Devozione dei Tredici Venerdì della Passione” (cf. F. Russo, Francesco di Paola, in: Bibliotheca Sanctorum, vol. V, Roma 1964, col. 1169). La fonte su cui si fonda la ricostruzione delle origini dei Tredici Venerdì è costituita dalla testimonianza del P. Bonaventura di Martina Franca (TA), il quale attesta che in un manoscritto, che si conservava nel convento dei Minimi in Tolosa, si leggeva quanto segue: “Per tredici seste ferie confessate le vostre colpe, e ristoratevi col Sacrosanto Eucaristico Sagramento ad una Messa che procurerete di far celebrare, per domandare al Signore il sollevamento della necessità, che vi opprime. In quel mentre reciterete per tredici volte l’Oratione domenicale, e la Salutatione Angelica ad honore, e in riverenza di Gesù Cristo Crocifisso e dei Dodici Apostoli” (cf. F. Frugoni, I fasti del miracoloso S. Francesco di Paula, Venezia 1668, pp. 242-243). L’esercizio dei “Tredici Venerdì” fu innanzitutto praticato da S. Francesco di Paola stesso e da lui consigliato a chiunque desiderava ottenere qualche grazia
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particolare. Originariamente quindi non era una devozione in onore del Santo, ma un pio
esercizio per onorare la Passione e ottenere grazie dal Signore. Dopo la sua morte, con l’andar del tempo, i “Tredici Venerdì” all’intenzione originaria di commemorare la Passione del Signore e onorare i 12 apostoli, se ne aggiunse un’altra quella di ricordare e venerare lui, il santo taumaturgo. Anzi i “Tredici Venerdì” diventarono la forma più popolare e caratteristica del suo culto. In che consiste la pratica dei “Tredici Venerdì”? Ce lo spiega il citato documento antico dell’Ordine dei Minimi che riporta le parole del Santo e che merita di essere riferito nella forma italianizzata, tratta da una sua biografia: “Per tredici venerdì consecutivi confesserete le vostre colpe e riceverete il Santissimo Sacramento dell’altare nella Messa, che farete dire o ascolterete per la grazia di cui avete bisogno. Durante la Messa reciterete tredici Pater e tredici Ave Maria in onore e riverenza di Gesù Crocifisso e dei dodici Apostoli. Nel tempo stesso farete ardere due candele di cera, in segno delle due virtù: fede e speranza, e una terza la terrete in mano, in protestazione della carità, con cui dovete amare Iddio e chiedergli le grazie. Così il Signore vi concederà il compimento dei vostri giusti desideri” (cf. G. Roberti, S. Francesco di Paola fondatore dell’Ordine dei Minimi 1416-1507. Storia della sua vita, III ed., Roma 1963, p. 560). Il tutto si conclude, stando a qualche altra testimonianza, con la recita del Credo. Il Santo non ha determinato alcuna epoca dell’anno per la pratica di questo devoto esercizio, ma i suoi discepoli e tutte le anime pie hanno creduto più conveniente preferire i Tredici Venerdì che precedono la sua festa. Giova inoltre ricordare che, in questo periodo, la pia pratica non serviva come introduzione alla Quaresima e preparazione alla Pasqua, ma era finalizzata soltanto alla celebrazione della festa del Santo.
- Cf. Mt 18, 3: “In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli”.
- Lc 18, 15-17: “Gli presentavano anche i bambini perché li accarezzasse, ma i discepoli, vedendo ciò, li rimproveravano. Allora Gesù li fece venire avanti e disse: Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio. In verità vi dico: Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non vi entrerà”.
- E’ interessante sapere che uno degli argomenti principali dei colloqui spirituali era “il Battesimo della Passione” (cf. Lc 12, 49-50), “il Battesimo d’Amore”, cioè il fare della propria vita un dono fino a diventare sacrificio e vittima d’olocausto.
- Cf. Mt 11, 25-26: “In quel tempo Gesù disse: Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te”.
- Paolo permette ad Agnese di ripetere i Tredici Venerdì in onore di san Francesco di Paola per ottenere la grazia della guarigione. I Tredici Venerdì di solito si facevano nel primo periodo
LETTERE DI SAN PAOLO DELLA CROCE dell’anno, in modo da terminarli prima del 2 aprile, giorno in cui si celebra la festa del Santo
(cf. nota 2 della presente lettera). Ora l’unica lettera che potrebbe contenere un accenno velato ai Tredici Venerdì praticati da Agnese è quella del 7 febbraio 1739 (cf. lettera n. 491), dove si parla della visita che lei aveva da fare al venerdì nella chiesa di san Francesco di Paola. Se questo è vero, allora Agnese ha iniziato la pia pratica con il primo venerdì di gennaio che nel 1739 cadeva il 2 e l’ha terminata con l’ultimo venerdì di marzo, che quell’anno cadeva il 27 ed era Venerdì Santo. Quando ha iniziato di nuovo i Tredici Venerdì? La riposta ci serve per datare almeno approssimativamente la presente lettera. Una certo aiuto ci potrebbe venire dall’annotazione sulla betonica: “La faccia distendere all’ombra acciò non vada a male”. Gli elementi che la frase contiene pur non essendo univoci, sono però sufficienti per ipotizzare almeno la stagione in cui fu scritta. La betonica fiorisce infatti in estate. La lettera potrebbe essere stata scritta quindi o nell’alto periodo di primavera, in aprile-maggio, quando si raccolgono le foglie prima della fioritura e si mettono ad essiccare, in strati sottili, in un luogo aerato e all’ombra, oppure verso la metà dell’estate, tra giugno e agosto, quando all’inizio della fioritura si può effettuare l’essiccazione dell’intera pianta. Dalle parole di Paolo la seconda ipotesi appare la più probabile. Ciò viene confermato anche dal fatto che egli risulta rientrato al Ritiro della Presentazione dalla campagna missionaria primaverile l’11 giugno (cf. lettera n. 375, nota 2), quindi la presente lettera non può essere stata scritta che dopo quella data. Orientativamente qui viene preferita l’indicazione: inizio luglio 1739.
di P. D. Crupi (tratto da App Charitas del 21 novembre 2019)