La comunità del Terz’Ordine dei Minimi di Lamezia Terme ha vissuto un momento di grande intensità spirituale e di comunione fraterna durante la Giornata del Terz’Ordine, celebrata sotto il tema: “Dio è la nostra Speranza”.
Nella cornice della Santa Messa, presieduta dal Rev. Don Roberto Tomaino, Vicario Foraneo di Soveria Mannelli, si è rinnovato il legame spirituale con San Francesco di Paola, padre fondatore dell’Ordine dei Minimi e testimone della radicalità evangelica. Durante la celebrazione si è tenuto il rinnovo della professione dei Terziari Minimi, l’ingresso nel noviziato e una nuova professione.
Ida Sesto ha emesso la professione solenne nel Terz’Ordine, mentre Caterina Colaccino ha fatto il suo ingresso ufficiale nel noviziato. Tutto è avvenuto dinanzi al Correttore della Comunità dei Minimi e Assistente del TOM, P. Ivano Maria Scalise.
Un momento toccante, segnato dalla grande gioia di tutta la comunità, che ha accolto con gratitudine e speranza questi nuovi passi nel cammino di San Francesco di Paola.
Nel cuore della celebrazione, l’omelia di Don Roberto Tomaino ha offerto un’illuminante riflessione sul tema della giornata. “Nella frammentarietà che contraddistingue la nostra gente – ha affermato – San Francesco è il nostro santo comune, il filo che ci riannoda alla Chiesa”. Egli non è soltanto un modello, “ma un familiare spirituale, che ci insegna ad abitare la fede con semplicità e radicalità”.
Don Roberto si è presentato anch’egli come pellegrino, portando con sé “il cuore della mia gente” e riconoscendosi parte di quel “cammino di fede che unisce i piccoli, gli umili, i cercatori del Signore”.
“Parlare di Dio come speranza – ha sottolineato – è qualcosa di profondamente cristiano. Nelle altre religioni, Dio è l’assoluto, ma solo nella Bibbia Dio è il Dio che ci precede, il Dio che guida, il Dio della speranza”.
“Noi nella santità di Francesco vediamo il frutto maturo della speranza cristiana. San Paolo dice ‘il Dio della speranza vi riempia di gioia e di pace perché abbondiate nella vostra speranza’. Questa benedizione raggiunge anche noi.
Parlare di Dio come nostra speranza e un’espressione unica, una novità tipicamente Cristiana perché in nessun altra religione un Dio è legato alla speranza.
Un Dio della speranza che è davanti a noi, un Dio che ci precede è un Dio che c’è solo nella Bibbia dei profeti e degli apostoli. È un Dio che viene ed è il Dio di Gesù Cristo. Un Dio che sta davanti. È il Dio dell’Esodo di Israele che conduce il suo popolo verso la libertà. Ma il Dio della speranza è anche il Dio della resurrezione.
Questo stare davanti a noi non lo allontana da noi. Non lo fa essere disinteressato anzi… ‘Ecco io faccio nuove tutte le cose’. Parlare di speranza per noi cristiani significa vedere oltre, significa andare oltre la rassegnazione e la disperazione.
“Di fronte a questo – ha aggiunto don Roberto – quanto siamo disposti a non cedere alla disperazione? Il nostro mondo ha futuro? Pensiamo alle orribili guerre che si svolgono davanti a noi: molti di noi hanno paura, temiamo catastrofi, temiamo il futuro. Molte immagini sulla fine del mondo che ci restituisce il cinema hanno ben poco di cristiano.
Parlare del Dio della speranza significa che ogni fine non è detto che sia la fine; significa che riesce a ricavare un inizio da ogni fine. Noi tutti pensiamo che la morte sia la fine di ogni cosa, eppure proprio i santi ci mostrano che la morte è l’inizio della vita eterna.
Alla fine della vita vi è un inizio. Il Dio della nostra speranza ci indica la resurrezione di Cristo”.
“La fine di Gesù Cristo – ancora il celebrante – in realtà è stato invece il nostro gratuito inizio di vita nuova. Credere nel Dio della speranza significa che a noi cristiani è data la possibilità di essere certi del futuro. Qual è il nostro futuro? Noi dobbiamo guardare a Cristo, qualunque cosa accada.
San Francesco ci dice che grazie alla speranza cristiana noi possiamo abbracciare il mondo intero. La fede ha bisogno della speranza per vivere, e anche la ragione umana ha bisogno della speranza”.
“Credere nel Dio della speranza significa essere certi che il futuro è abitato da Dio, e che nulla ci può separare dal Suo amore. Anche la fede stessa ha bisogno della speranza per vivere, come il respiro ha bisogno dell’aria. La speranza è il respiro dell’anima”.
E ha concluso ricordando che abbandonare la speranza è come entrare volontariamente in un inferno interiore. Dante, nella “Divina Commedia”, all’ingresso dell’inferno scrive: “Lasciate ogni speranza, voi che entrate”. Ma il cristiano, al contrario, non smette mai di sperare. I latini dicevano: “Dum spiro, spero” – finché respiro, spero. E il respiro dell’anima è proprio Cristo risorto, nostra certezza, nostra luce”.
di Candida Malone