Massa Lubrense, 22 Dicembre 2024
Ai Presidenti di Fraternità
e a tutti i membri della Famiglia Tom
Oggetto: Auguri di Natale 2024
Carissimi Terziari,
l’evento del Natale è sempre affascinante e merita semplicemente che, nella contemplazione dei nostri presepi, omettiamo i ragionamenti e le speculazioni astratte e ci soffermiamo nella sola contemplazione e nella considerazione del mistero più affascinante della storia umana: Dio che si fa Bambino esile e innocente, di un’infanzia insolita, ben lungi dalle comodità e dalle sicurezze che siamo abituati a pensare. Nel fascino della greppia si trova peraltro compendiato tutto il mistero dell’incarnazione contenuto in intere enciclopedie e nei più grandi saggi teologici sull’argomento:
Dio è spirito e in quanto tale non può essere di per sé paragonato a un qualsiasi ente finito. Egli è al di sopra della creazione, supera ogni limitatezza e come Creatore non può avere corporeità o essere composto di materia. Se così fosse, sarebbe limitato come ogni altra cosa e non sarebbe più Dio.
Dev’essere per forza spirito puro, al di sopra di ogni altra cosa, trascendere tutta la nostra realtà e lo stesso universo, superare la nostra limitatezza e per ciò stesso dev’essere perfettissimo e incontenibile con le nostre sole risorse.
E’ possibile conoscere Dio certamente per analogia, guardando alla bellezza e alla perfezione, sia pure piccola, di ogni creatura (Sap 13, 5) ivi compreso l’uomo, che è a sua immagine e somiglianza (Gen 1, 26 – 27). La grandezza e la bellezza della natura, del cosmo, della realtà incontaminata, come pure la semplicità dei bambini e dei soggetti più piccoli ci danno l’idea di Dio, ci forniscono un’ immagine di Colui che trascende ogni cosa e che è puro spirito perfettissimo e illimitato.
Tuttavia le cose materiali, per quanto belle ed entusiasmanti e grandiose, non possono darci una sufficiente rivelazione di Dio, non sono in grado di fornirci il suo vero volto. Diceva Pascal: “La natura ha delle perfezioni per dimostrare che è immagine di Dio e ha dei difetti per dimostrare che ne è solo un’immagine.” Solo lo stesso Signore, nel suo rivelarsi può parlare esaurientemente di se stesso, nella misura in cui ci è possibile.
Ora, questa è la solennità nella quale il Cielo raggiunge la terra e la Perfezione assoluta entra nell’imperfezione e la vive fino in fondo. Dio si incarna e assume l’umanità. Abbandona le sue prerogative di grandezza, gloria, assolutezza ed eternità per fare propria la nostra finitezza e la nostra provvisorietà.
Gesù Cristo è infatti l’immagine del Dio invisibile (Col 1, 15). Gesù è infatti il Verbo eterno di Dio Padre, quindi Dio stesso, che si è fatto uomo.
Questo adesso contempliamo nel mistero di Betlemme: la divinità di Dio ha assunto una volta per tutte l’umanità nella Persona unica del Verbo. In Gesù Cristo, che è il Verbo eterno del Padre, l’umanità e la divinità realizzano una simbiosi armonica senza confusione e dispersione. Dio è vero Dio e vero uomo una volta che si incarna in Gesù Cristo: “Dio nessuno l’ha mai visto, ma proprio il Figlio unigenito che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato”(Gv 1, 18).
Lo contempliamo adesso che il Bambino è venuto alla luce, ma ci era stato rivelato anche sin dal momento dell’Annunciazione dell’angelo Gabriele a Maria che un Dio Bambino avrebbe albergato nel suo grembo, nel quale nel tempo di nove mesi, doveva formarsi, essere plasmato, assumere consistenza. Appunto nel nascondimento e nel riverito silenzio osservato all’interno del grembo materno il Figlio di Dio aveva già iniziato la sua esperienza umana sottomettendosi alle comuni leggi della gravidanza e della gestazione e seguendone tutti gli sviluppi e i procedimenti. Allo stesso tempo però, nel silenzio e nel nascondimento, aveva già realizzato la sua epifania, sia pure indiretta, che aveva sortito numerosi vantaggi alla stessa Madre e tutti coloro che contornavano la sua presenza.
Per nove mesi si era sviluppato nella forma embrionale, alimentato dal grembo puro della Madre che lo portava con sé e osservava un riverito silenzio e un nascondimento devoto. Ciononostante, già ancor prima di venire alla luce, il Verbo divino si rendeva intraprendente ed esplicitava la sua missione salvifica nei confronti di Giovanni chiamato il Battista, che già da sei mesi albergava nel grembo altrettanto casto di Elisabetta. Lo Spirito Santo aveva intanto reso fecondo anche il ventre di costei, che ormai aveva acquisito in paese la fama di donna sterile. Non appena raggiunta la casa situata secondo la tradizione nel (allora) villaggio di Ain Karem, aveva sollecitato in Elisabetta un duplice atto di fede in conseguenza di una rivelazione: “A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?” La fede della moglie di Zaccaria aveva avuto per oggetto lo stesso Bambino riconosciuto come Dio e la Vergine come Madre del suo Signore nascituro nella carne. Il Fanciullo divino, racchiuso nel grembo materno aveva promosso la gioia delle due donne, l’esultanza di Maria sua Madre nella sua anima “magnificava il Signore” (letteralmente: faceva crescere il Signore), aveva animato la carità nella stessa Elisabetta che aveva ospitato Maria per tre mesi, accrescendo la concordia e la mutua collaborazione fra le due donne incinte.
Finalmente aveva sospinto Giuseppe suo padre alla fede nella rivelazione notturna di un angelo che lo rassicurava sull’innocenza di Maria e lo aveva spronato all’adempimento del dovere civico di farsi censire come cittadino originario di Betlemme.
Il Bambino divino aveva operato già così tanto nel nascondimento e nella solitudine, senza neppure aver valicato le oscurità del grembo della Madre. Aveva già rivelato l’amore del Padre che agiva per suo mezzo nello Spirito Santo, quindi anche il mistero sottaciuto della Trinità.
Adesso lo stesso Giuseppe, assieme a Maria sua sposa, lo accudisce nelle scomodità della grotta dopo che questa lo aveva partorito in uno stato di piena inopia e indigenza. Ora il Divino Fanciullo giace sul fieno e sulla paglia vulnerabile e indifeso, oggetto di attenzione da parte di comuni villici e pastori che per primi accorrono nella dimora improvvisata in cui silente li accoglie. Attira a sé anche sottili ragionatori come i Magi che tralasceranno le speculazioni astratte di astronomia sugli astri per mettersi alla sequela di un’unica cometa che ha rivelato loro la verità che prima andavano cercando come a tentoni: la verità dell’amore che supera le ostinazioni e vince sulla sapienza umana, spesso astrusa e inconcludente.
Una vecchia canzone in romanesco, riferendosi alle bellezze della capitale italiana diceva: “Se un pittore ti volesse pitturà… butta tutti li pennelli e sta’ a gguarda’..”
Appunto questo operano i Magi e tale non può che essere il nostro atteggiamento adesso che celebriamo l’evento tanto atteso dall’uomo di Dio, che non lancia moniti, nozioni, esortazioni dalla sua sede gloriosa e invitta, ma che con delicatezza entra nella nostra storia e assume la nostra vita fina dalla più tenera età per accompagnarci verso i liti di gioia e di salvezza e per indicarci la via di quella felicità che da sempre l’uomo ha procacciato per vie traverse e per vani tentativi.
Restiamo ammirati di come la sapienza divina si riveli in un Fanciullo, unico capace ci rivelarcene adeguatamente tutti i contenuti. Omettiamo di discutere, di bizantineggiare, di elucubrare per contemplare e rendere grazie. Poiché poi il Fanciullo, sempre nel silenzio e nell’umiltà, reca già adesso la pace, ci immedesimiamo nella pace e nella concordia che egli ci ispira e viviamo lo stesso trasporto di pace e di reciproca accoglienza gli uni gli altri, per esserne poi dispensatori a tutti coloro che incontriamo sul nostro cammino.
Ti ringraziamo o Signore per averci usato tanto amore e tanta vicinanza; ti siamo grati per averci trattato con familiarità e semplicità e per esserti fatto uno di noi perché noi ci divinizzassimo quando meritavamo di essere abbandonati al nostro peccato. Non sei rimasto assente dalla nostra realtà e non ci hai abbandonati alla nostra miseria morale, ma hai voluto essere tu stesso misero di mezzi materiali per arricchirci delle elevatezze della tua stessa divinità. Ti ringraziamo perché se tu avessi trovato un sistema ancora più convincente per venirci incontro, lo avresti certamente adottato; ma appunto perché questo era il mezzo più efficace ed esaltante, hai preferito renderti per noi vero Dio e vero Uomo perché ogni uomo diventasse Dio (S. Agostino).
L’augurio più grande di Buon Natale è che possiamo incarnare tutti gli effetti benefici dell’incarnazione di Dio in Gesù Bambino e che possiamo avvalerci del suo amore per essere spronati nel carisma minimo di conversione e di trasformazione radicale di noi stessi in vista del bene e della carità operosa e sincera.
AUGURI SINCERI DI BUON NATALE A TUTTI
- Gian Franco Scarpitta