Il 10 maggio, nella suggestiva cornice del Santuario di San Francesco di Paola, si è celebrato il Giubileo del Terz’Ordine dei Minimi, momento di intensa spiritualità che ha radunato numerosi fratelli e sorelle per riflettere e pregare insieme, guidati dal tema ispirato dalle parole del Santo Padre: “Pellegrini di speranza”, declinato nella luce viva del carisma di San Francesco di Paola.
Don Pino Angotti, della Diocesi di Lamezia Terme, invitato per l’occasione, nella sua toccante relazione, tenutasi la mattina nella Chiesa Nuova, ha invitato tutti a riscoprire questo tempo come una preziosa attesa dello Spirito Santo, mentre ci incamminiamo verso la Pentecoste: “Se possiamo sperimentare la presenza di Gesù tra noi è perché lo Spirito soffia su di noi”, ha detto, aprendo il cuore dei presenti alla consapevolezza della grazia che ci accompagna.
Il cammino di speranza non è astratto: ha un volto, una vita, un nome. È quello di Francesco di Paola, uomo di Dio, pellegrino instancabile dell’amore divino. “Francesco è diventato la speranza che lo ha animato” – ha ricordato Don Pino – indicando nei “luoghi interiori” del Santo una via concreta per ogni cristiano: l’umiltà, la fedeltà, la povertà evangelica, la radicalità dell’amore.
Francesco non ha scelto per sé, ha lasciato che fosse Dio a scegliere per lui. Così, pur desiderando la solitudine dell’eremita, lo troviamo alla corte di Francia, in mezzo agli uomini, come testimone della pace e della giustizia del Vangelo. “Il Regno di Dio viene ogni volta che si promuove la dignità umana, la pace, anche quella quotidiana, nelle nostre relazioni spezzate”. È la “pace disarmata e disarmante” a cui ci richiama Papa Leone XIV.
“Il Giubileo – ha detto Don Pino – è un evento dell’anima. E se oggi ci mettiamo nei sandali di Francesco, scopriamo che il senso profondo della vita cristiana è uno solo: essere rivestiti di Cristo. Lo scapolare che indossate voi terziari, imposto come segno visibile, diventa richiamo vivo a questa verità: non basta portare Cristo, occorre rivestirsi di Lui”.
Due “luoghi” interiori di Francesco sono stati al centro della riflessione: l’umiltà e il battesimo. L’umiltà che nasce dal Vangelo, che non è disprezzo di sé, ma desiderio sincero di servire e amare. E il battesimo, quel dono ricevuto (come dice Padre Cantalamessa) che ancora non abbiamo finito di scartare, come un pacco pieno di grazia che attende di essere scoperto nella sua pienezza. Francesco ne fa il principio di un cammino di conversione, di somiglianza sempre più profonda a Cristo. “Ci arrendiamo, ci fermiamo, ci rassegniamo.
Francesco parla di un battesimo nello spirito, cioè dare inizio a un cammino gioioso che si chiama conversione. Oggi il mio cuore batte all’unisono con quello di Cristo? Il mio sguardo è quello di Cristo?” chiede don Pino Angotti.
“Francesco non era mai sazio del suo desiderio di somigliare a Gesù”, ha ricordato Don Pino, richiamando la bellezza della vita cristiana come desiderio ardente, come fuoco d’amore, come lo esprimeva Santa Caterina da Siena: “O abisso, o Trinità eterna, o Deità, o mare profondo! E che più potevi dare a me che te medesimo? Tu sei un fuoco che arde sempre e non si consuma”.
A coronare questa giornata di grazia, la celebrazione della Santa Messa presieduta da Padre Francesco Trebisonda, Correttore Provinciale dell’Ordine dei Minimi, che nell’omelia ha consegnato a ogni fraternità le parole di Pietro a Gesù: “Signore, da chi andremo? Solo tu hai parole di vita eterna”. Parole che diventano missione: servire con gioia e responsabilità la Santa Madre Chiesa, nello spirito di San Francesco.
Dopo un momento di agape fraterna, la giornata si è conclusa in festa con il concerto di Padre Francesco Cassano, “Preghiamo cantando”, un’esplosione di gioia e comunione che ha unito i cuori dei terziari in una sola voce, quella della speranza che non delude.
di Candida Maione