Prosegue il nostro itinerario con l’obiettivo di Ri-Scoprire l’identità di cristiani laici minimi che testimoniano nel mondo la bellezza del carisma penitenziale come singoli e come fraternità.
Siamo partiti dal Battesimo e ci siamo soffermati in modo particolare sui tre “munus”, affidati ai figli di Dio come dono al Battesimo e che devono trasformarsi in tre compiti di testimonianza di essere figli nel Figlio come sacerdoti, re e profeti.
Siamo passati alla nostra Fede professata in Dio Trinità. L’avere il cuore fisso in Dio e la richiesta, contenuta nella Regola, di pregare per la Ss. Trinità ci aprono come terziari minimi alle due dimensioni verticale ed orizzontale perché Dio Trinità non è solitudine, ma relazione, dialogo, comunione, accoglienza, misericordia, sacrificio, amore.
I simboli di fede, che utilizziamo nella preghiera, ci richiamo alla nostra unica scelta: l’unico battesimo per la remissione dei peccati, che ci permette di entrare nella grande famiglia dei chiamati ad essere santi: la Chiesa.
Oggi passiamo dalla fede professata alla fede vissuta.
Ci chiediamo: come possiamo vivere la fede che professiamo in Dio Trinità, nella certezza della unicità del nostro Battesimo per la remissione dei peccati, come pietre vive della Chiesa?
Riprendiamo il 22.mo capitolo del Vangelo di Matteo.
“Maestro, qual è il più grande comandamento della legge?» Gli rispose: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti.” (Mt. 22, 36-40)
Dio Trinità ha rivelato, attraverso Mosè, il suo progetto di amore nel contesto della fuga degli ebrei dall’Egitto.
” Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male; poiché io oggi ti comando di amare il Signore tuo Dio, di camminare per le sue vie, di osservare i suoi comandi, le sue leggi e le sue norme, perché tu viva e ti moltiplichi e il Signore tuo Dio ti benedica nel paese che tu stai per entrare a prendere in possesso. Ma se il tuo cuore si volge indietro e se tu non ascolti e ti lasci trascinare a prostrarti davanti ad altri dèi e a servirli, io vi dichiaro oggi che certo perirete, che non avrete vita lunga nel paese di cui state per entrare in possesso passando il Giordano. (Dt 30,15-18)”
Questi precetti sono destinati a guidare i passi degli ebrei verso la libertà. mostra loro il cammino, indirizzandoli non solo verso la Terra promessa, ma prima di tutto verso norme di vita che un uomo giusto e un buon cristiano devono seguire per condurre un’esistenza sociale e religiosa corretta.
I Dieci Comandamenti si distinguono in due sezioni.
La prima è legata alla relazione tra l’uomo e Dio, una relazione di amore e di gratitudine che si esprime nella sua centralità che comporta il rifiuto di ogni idolo che si frappone tra l’uomo e Dio (1° comandamento), nell’esigenza di rispettare il nome di Dio (2°) e di celebrare i giorni sacri per lodarlo e ringraziarlo, per affidarci a lui, per riposare in Lui da cui tutto proviene e a cui tutto torna._(3°)
La seconda sezione è dedicata al nostro agire in rapporto al prossimo. Si inizia con un co-mandamento che fa da cerniera tra le due sezioni: l’onore per i genitori (IV), che hanno dato la vita e sono quindi segno immediato di Colui che è la sorgente di ogni vita. Segue il rispetto della nostra ed altrui vita, in tutte le sue fasi ed i suoi aspetti (V), che implica l’esigenza di non fare mai male a nessuno, nemmeno con l’intenzione. Il sesto comandamento chiede di essere casti nel cuore e nelle azioni. La corporeità afferma Bruno Forte “è il luogo in cui è possibile incontrare Dio nella storia e crescere alla scuola del suo amore”1. Dal rispetto della persona a quello dei beni del creato, affidati da Dio a tutti gli uomini. Il VII comandamento: “Non rubare” ci dice che chi vive per amore di Dio e degli altri, non si lascia far schiavo del possesso, non si serve degli altri, ma li serve, fino al dono di sé e alla povertà scelta per amore. L’ottavo comandamento richiama alla lealtà ed alla sincerità. Gesù ci dice: “Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”2. E infine la radicalità nel rispetto dell’altro. Nemmeno il desiderio perché il desiderio non solo facilmente si trasforma in azione, ma in ogni caso ci fa sentire padroni, domina-tori, arrivati. Nota Bruno Forte “Chi desidera unicamente la scena del mondo che passa, dimentica la meta del cielo”3
Al giovane “ricco” Gesù dice: “Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri, e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi ” (Mt 19,21).
Con Gesù si passa dalla cieca osservanza delle norme alla sequela. Se seguo Gesù ovviamente rispetto le norme, le regole, i Comandamenti, ma è indispensabile seguire Gesù, il Maestro, che della Legge è il compimento perfetto. “In questo tutti riconosceranno che voi siete miei discepoli, se vi amerete gli uni gli altri ” (Gv 13,35). “Se qualcuno dirà: io amo Dio, e odierà suo fratello, è un mentitore!” (1 Gv 4,20).
A Gesù appare quasi insufficiente la formula “Ama il prossimo tuo come te stesso” (Mt 22,39) e propone due modelli, infinitamente più alti: l’amore che Egli ha portato a noi, e l’amore sostanziale che unisce il Padre al Figlio. Gesù ci dice: “Amatevi gli uni gli altri come Io ho amato voi! Ti prego, o Padre, perché siano tutti una sola cosa, come tu sei in me ed io in te!” (Gv 13,34; Gv 15,12; Gv 17,21).
Noi passiamo «dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte» (1Gv 3,14). Ma per poter amare dobbiamo essere colmi dell’Amore. Noi amiamo ci dice Paolo perché «l’Amore di Dio è stato riversato nel nostro cuore per mezzo dello Spirito Santo che ci è dato» (Rm 5,5).
Lasciamoci amare da Gesù. Amiamoci come Gesù. Chi risponde a questo amore fino al sacri-ficio di sé amando a sua volta, dimora nella gioia, la gioia trinitaria. Dice Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14,23)». 4
a cura di: Franco Romeo (Fratrenità di Palermo)