Carissimi,
Un saluto fraterno a tutti voi e l’augurio di gioia e pace nel nostro Signore Gesù
Cristo.
Ci apprestiamo ad iniziare il cammino di Avvento, momento forte dell’anno liturgico e ancor più forte per la nostra spiritualità minima di conversione.
Alcuni avvenimenti di grazia arricchiscono quest’anno il nostro cammino di Minimi nella Chiesa: il IV Centenario della nascita del Beato Nicola Barrè, il Centenario della elevazione a Basilica della Chiesa Conventuale della nostra Casa Madre di Paola, e il Sinodo sulla Sinodalità, fortemente voluto da Papa Francesco e che accompagnerà il cammino di tutta la Chiesa per i prossimi tre anni.
La fase diocesana del Sinodo, che ha avuto inizio il 17 ottobre scorso, già nella forma e nel tema: Verso una Chiesa sinodale: Comunione, partecipazione e missione, ci coinvolge tutti, come cristiani e come religiosi, in maniera particolare e significativa. Siamo esortati tutti quanti a partecipare a quesa riflessione, sia singolarmente che comunitariamente, poiché attraverso la sinodalità passa il futuro sviluppo di tutta la Chiesa1.
1 Come religiosi già da diversi anni siamo stati invitati a riflettere sul tema2, che sicuramente non è nuovo per la Vita Consacrata, essendo questa fondata sulla sinodalità e partecipazione comune per propria costituzione3. Questo periodo di riflessione sul tema della sinodalità possa, però, essere occasione per maturare nella comprensione e nell’attuazione di tutte le forme di compartecipazione e condivisione che il dono carismatico fattoci dallo Spirito Santo come Minimi ha messo a nostra disposizione, come strumenti per vivere il carisma specifico e i carismi personali di ognuno di noi: i capitoli, ma soprattutto gli incontri di condivisione e riconciliazione fraterna.
1 Cfr. XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, Documento sul processo sinodale, 24 aprile 2021, 1. Nello stesso documento si descrivono le fasi e le motivazioni per i prossimi appuntamenti di riflessione sul tema: ‘Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione’.
2 Cfr. A. Jimènez Echave – S. Gonzalez Silva – N. Spezzati, Nel Servizio dell’identità carismatica, Carisma proprio e Codice fondamentale, Quaderni di Vita Consacrata – Laboratorio di Governo, Libreria Editrice Vaticana 2017; Ibidem, Nello stile sinodale, Percorsi della collegialità capitolare, Ivi, 2017.
3 Cfr. U. Sartorio, Sinodalità e Vita Consacrata, Riflessioni a partire dal documento della Commissione Teologica internazionale, La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa (2018), in R. Battocchio – L. Tonello (ed.) SINODALITÀ, Dimensione della Chiesa, pratiche nella Chiesa, Collana Sophia Episteme 22, Ed. Il Messaggero Padova 2020, 343-344.
I tre eventi di grazia che celebriamo in quest’anno, ricchi di significato e di nuove possibilità di riflessione sulla nostra vita minima, trovano in un unico mistero della vita di Gesù la loro più naturale origine ed una più profonda prospettiva di innovazione ed attuazione: l’Incarnazione del Figlio di Dio. Lo stesso evento, che meditiamo nel momento forte dell’Avvento, illumini i nostri incontri comunitari e di condivisione fraterna, e da esso scaturisca lo stesso desiderio d’incontro e condivisione che Dio ab eterno ha progettato per incontrare l’uomo. Un incontro che si prospetta sin dall’inizio di profonda unione tra Incarnazione e Passione, così come ogni incontro richiede l’esserci, con tutto se stessi in maniera autentica, e il comprendersi e donarsi, con il sacrificio che richiede l’accettare i naturali limiti propri e dell’altro.
In questa prospettiva il profondo legame teologico-spirituale tra l’Incarnazione e la Croce, che il nostro carisma penitenziale ci invita a vivere, ben si esprime nelle parole di Origene: « “E ha perseguitato l’uomo misero e mendico. Da ricco che era si è fatto povero per noi“ (2 Cor 8,9). Il Signore si definisce misero e mendico: chi allora può vantarsi delle proprie ricchezze? Avete un conforto, voi poveri: anche il Signore è povero con voi. “E uno che era affranto nel cuore, per farlo morire“. Che cosa significa quanto ha detto: “Uno che era affranto nel cuore, per farlo morire?“ È ciò che ha detto anche nel Vangelo: “L’anima mia è triste fino alla morte“ (Mt 26,38). E ancora quando ha detto: “Padre se è possibile passi da me questo calice“ (Mt 26,39). In senso diverso: ciò mi addolorava ed io mi rattristavo per i miei persecutori, perché non volevano fare penitenza. Io pendevo dalla croce, e con il mio sangue lavavo le loro sozzure; ma essi non volevano fare penitenza. Queste erano le mie lacrime, questo il mio essere affranto: non aver potuto salvare coloro che mi perseguitavano»4.
Nell’intento di Origene è Gesù stesso che spiega i due misteri della sua vita, e la profonda unità tra i due: spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini (Fil 2,7) nella Incarnazione, così come fu spogliato nella croce della sua dignità umana. Entrambi i misteri, nonostante siano una spoliazione dal punto di vista umano, sono, dal punto di vista di Dio, dono della sua stessa vita, e dono della grazia, attraverso lo Spirito, per poterla incarnare nella vita di ognuno di noi.
A ciò Origene richiama quando nelle parole del Cristo lancia il suo appello, profondamente umano e divino, di comprendere il suo dono, la vita di Dio, e metterlo in pratica lasciandosi convertire dalla sua passione amorosa ed essere condotti alla vera penitenza.
2 L’appello, tutto umano, del Cristo è all’ascolto della sua esperienza e della sua predicazione, ad un intimo ascolto della sua Parola che rivela e che nella sua esperienza è realizzata e concretizzata.
È quindi l’ascolto il fulcro e la prospettiva dell’Avvento, così come lo è della nostra vita quotidiana, se vuol essere pienamente umana e cristiana.
L’esperienza rivelante di Gesù è invito al dialogo perché attraverso di essa Dio parla a noi in ogni momento.
Al discepolo che si dispone al dialogo, così come Egli stesso per poter dialogare si è incarnato, si è fatto prossimo, vicino, per comunicare la sua profonda umanità rinnovata dalla vita divina, e trasmettere ad ogni uomo quella disposizione del cuore a rendere l’altro partecipe in un continuo dialogo di comunione.
Nella sofferenza del rifiuto sperimentata da Cristo, infatti, sperimentiamo la vicinanza compassionevole di Dio e la più profonda capacità di ascolto. Non ha rifiutato la sofferenza,
frutto del peccato dell’uomo, il peccato non è stato per Dio motivo di condanna, ma di una maggiore ricerca di prossimità, di ascolto e perdono, anche se sofferente.
Proprio da quella sofferenza e da quella Croce nasce la Chiesa: e subito ne uscì sangue ed acqua (Gv 19, 34), costituendo un evento non di sconfitta e di morte, ma di nuova generazione: poiché Egli stesso è stato generato nell’umanità con l’Incarnazione, con la sua Croce ha rigenerato l’umanità nel perdono rendendo tutti di nuovo figli di Dio.
L’essere figlio non può non essere che ascolto del Cristo e della sua vicenda di amore – ascolto fino al sacrificio, e proporre lo stesso ascolto nelle relazioni tra i figli nella Chiesa. L’ascolto, compassione, apertura che il Sinodo ci chiama a compiere, è in realtà l’essere costitutivo del cristiano-figlio.
Come uomini chiamati ad essere luce per tutti quelli che vogliano fare un autentico cammino di conversione, per essere autenticamente minimi, cristiani e pienamente uomini, siamo, dunque, chiamati ad essere profeti di un autentico dialogo che sa ascoltare con pazienza e comprendere con compassione: il nostro confratello, i fratelli della nostra famiglia religiosa, i fedeli che sono affidati alle nostre cure.
Fondando la nostra capacità di dialogo sul nostro quotidiano dialogo con Cristo, che santifica, siamo chiamati a compiere la più importante missione del nostro essere minimi: luce che illumina i penitenti nella Chiesa, ascoltando prima di tutto le esigenze della storia concreta che viviamo, nella società, nella Chiesa5 e soprattutto nelle nostre Comunità o Fraternità.
3 Intensifichiamo in questo tempo forte gli strumenti per esercitarci nel dialogo e nell’ascolto.
Gli strumenti per alimentare il dialogo con Dio: Preghiera, personale e comunitaria; Lectio divina; Celebrazione Eucaristica, possibilmente animata comunitariamente.
Gli strumenti per intensificare il dialogo con l’altro: gli incontri comunitari, disponendoci ad un ascolto senza pregiudizi, rispettoso, aperto, compassionevole; le opere di carità, prima fra tutte l’accoglienza non giudicante, e spendersi gratuitamente per andare incontro ai bisogni reali e concreti del nostro fratello.
Soprattutto ogni sacerdote, secondo la sua missione propria, è chiamato ad essere: «Un buon pastore, un pastore secondo il cuore di Dio, …il tesoro più grande che il buon Dio può concedere a una parrocchia, e uno dei doni più preziosi della misericordia divina»6, comunicando e donando la ricchezza di se stesso con gratuità e generosità, sia ai propri confratelli e agli altri appartenenti alla famiglia religiosa che ad ogni uomo che attende dalla nostra testimonianza di vedere incarnato il messaggio evangelico. Il religioso che è anche sacerdote, oltre che essere ‘uomo della Parola divina e del sacro’ deve oggi più che mai essere uomo della gioia e della speranza7, e ogni religioso è di per sé portatore della gioia e della comunione, che sperimentata e vissuta nella propria comunità, dona a chiunque lo incontra come frutto dell’Incontro con Dio e con il fratello che gli vive accanto.
La vicinanza ai poveri, di qualunque povertà si tratti, è il fine della consacrazione che abbiamo ricevuto, del Carisma della Penitenza – Carità che ci è stato affidato, e del nostro essere prima di tutto figli di Dio.
Auguriamoci di essere sempre più pronti ad ascoltare i bisogni reali dell’altro, le sue istanze. In un clima sinodale, anche quando ci viene richiesto di rivedere i modi del nostro annuncio, o di prestare maggiore attenzione alle realtà della società che ci interpellano8.
Solo attraverso un dialogo sentito e compassionevole, rispettoso dell’altro, della sua dignità e della sua esperienza possiamo riscoprire un’autentica sinodalità e mettere in pratica quanto il Sinodo della Chiesa ci chiede: Comunione, partecipazione e missione9.
Insieme alla presente lettera ho voluto inviare due preghiere: l’invocazione allo Spirito Santo proposta per questi tre anni di Sinodo per tutti gli incontri sinodali e comunitari, e una preghiera per le vocazioni alla nostra famiglia religiosa, entrambe come proposta per tutti gli incontri comunitari, affinché possiamo concordemente invocare lo Spirito Santo per tutti e su tutti e il Padrone della messe perché mandi nuovi operai alla nostra famiglia religiosa.
Insieme a questa lettera giunga ad ognuno di voi l’augurio di tutta la Curia Generalizia per un proficuo cammino di Avvento e un Santo Natale.
Un saluto fraterno ad ognuno di voi.
Dal nostro Convento di San Francesco di Paola ai Monti in Roma 28 novembre 2021 I Domenica d’Avvento
P. Gregorio Colatorti (Correttore Generale O.M.)