Carissimi,
Convertitevi e credete al Vangelo (Mc l, 15),
con questo invito si apre il periodo quaresimale, che per noi Minimi è tempo privilegiato per intensificare il nostro rapporto con Dio, nostro Padre, e con i fratelli.
Lasciamoci accompagnare dal nostro Santo Fondatore Francesco, che non ha mai smesso di tenere lo sguardo fisso in Dio e proprio per questo suo atteggiamento era accogliente con tutti coloro che si avvicinavano a lui.
La Quaresima è tempo di grazia che il Signore ci dona per proseguire speditamente nel cammino di santità. Sappiamo bene che essa non è fine a sé stessa, la nostra meta è la Pasqua dalla quale sgorga la vita nuova in vista della festa finale quando vedremo Dio faccia a faccia (1Cor 13, 12). È il Cristo Risorto che dà luce e senso alla nostra ‘quadragesimalis vita’.
Per giungere alla meta pasquale, bisogna salire con e come Gesù a Gerusalemme (cfr. Mt 20, 18), cioè intraprendere quel cammino di continua purificazione, di liberazione, di preghiera, di contemplazione, di ascesi, di riconciliazione, di perdono, di carità.
È trascorso un anno di emergenza, causata dalla pandemia; abbiamo vissuto e stiamo vivendo in una quarantena, che possiamo considerare come un lungo deserto quaresimale, costretti a rivedere e revisionare la nostra esistenza, per poi, ci auguriamo, di ripartire forti e segnati da questa esperienza con un rinnovato stile di vita, di relazioni, di apostolato.
Dalle tante testimonianze che abbiamo letto e condiviso mediante i social, si può affermare che si è fatto di tutto per ‘procedere, per andare avanti’.
Non c’è dubbio che abbiamo e stiamo sperimentando nelle nostre realtà conventuali e nelle fraternità la sofferenza, la malattia e anche la perdita di confratelli, consorelle e terziari, oltreché parenti e amici cari, a causa del Covid 19. In questi particolari frangenti, ci siamo sostenuti e continuiamo a sostenerci vicendevolmente con la preghiera e con la condivisione fraterna.
Così pure non sono mancate l’iniziativa, l’inventiva, la determinazione per non ‘arrendersi’ dinanzi al tanto disagio, manifestatosi nei diversi campi della vita, soprattutto in quello relazionale che ci ha visti e ci vede reclusi e condizionati.
Non sto qui, però, ad elencare e ricordare il tanto bene che abbiamo constatato, nei confratelli, consorelle e fedeli, uomini e donne che si sono impegnati con dedizione, cura e amore ad affrontare ed alleviare la sofferenza, ad allargare il cuore e le braccia in reciproco aiuto e solidarietà.
Non smettiamo, pertanto, di lottare, né abbassiamo la guardia; vigiliamo e non lasciamoci prendere dalla stanchezza o peggio dallo sconforto. Il Signore, che è fedele per sempre e che cammina con noi in questo deserto quaresimale, ci chiama a seguirlo. E se per il Signore il deserto è stato il luogo e il tempo della prova e della preparazione per l’annuncio della Buona novella, anche per noi questo tempo ‘quaresimale’ è foriero di una nuova alba, di una nuova stagione i cui contorni e lineamenti sono racchiusi nel seme della sofferenza, che stiamo seminando in questa ‘notte’.
Tutto dipende da come viviamo il presente, tutto dipende da come accogliamo nel concreto la grazia quaresimale di seguire il Signore, dove Egli è diretto: Ecco noi saliamo a Gerusalemme (Mt 20, 18).
Con queste parole Gesù conferma e ribadisce il suo sì alla volontà del Padre; sceglie così di andare incontro alla morte, sceglie di ‘donare’ la vita lasciandosi crocifiggere. Tutto per amore. Ci troviamo dinanzi a qualcosa umanamente incomprensibile, ma che solo nell’amore trova risposta. Gesù sceglie la debolezza, perché in Lui appaia la potenza e l’amore di Dio per l’umanità (cfr. 1Cor 1,27-31).
Carissimi, incamminati in questa Quaresima, per la seconda volta in situazione di debolezza e sofferenza, ci sostenga quella fede in Dio che ci fa dire: Quando sono debole è allora che sono forte (2Cor. 12,10). Come Paolo, anche noi siamo certi che Dio non ci abbandona. Egli vive con noi, nella nostra debolezza, anzi in qualunque condizione, dentro la nostra storia, oggi tanto travagliata, nei nostri deserti, nelle nostre solitudini. Queste realtà sono la vera scuola in cui impariamo ogni giorno, non solo a riconoscere Colui che continua a farsi nostro fratello, ma soprattutto come Lui impariamo a farci dono agli altri.
Entriamo nel deserto quaresimale, perciò, per prepararci a ricevere e quindi annunciare con la vita il dono pasquale della pace. In questo modo diveniamo per gli altri testimoni di un mondo migliore, dove tutti sentano di appartenere all’unica famiglia umana, pensata e creata dalla bontà del Padre, salvata e redenta dal figlio Gesù e santificata e amata dallo Spirito Santo.
Esortandovi a vivere con maggiore intensità e zelo questo forte tempo liturgico, rivedendo e fortificando ciascuno il proprio stato di vita, vi invito a fare tesoro del messaggio che Papa Francesco ha indirizzato a tutti noi. Egli ci indica le strade da percorrere, le condizioni e i mezzi necessari perché la Quaresima sia un tempo di conversione per rinnovare la fede, la speranza e la carità. Lasciamo che la sua parola pervada la nostra mente, tocchi il cuore e ci muova soprattutto in questa emergenza planetaria, verso i fratelli, seguendo il Signore Gesù che per salvarci ha donato la sua vita. Buon Cammino .
Roma, 17 febbraio 2021 mercoledì delle Ceneri, inizio della Quaresima.
Lettera a tutta la Famiglia Minima Frati, Monache, Terziari
P. Gregorio Colatorti Correttore Generale
- MESSAGGIO DEL SANTO PADRE per la Quaresima 2021
“Ecco, noi saliamo a Gerusalemme…” (Mt 20,18). Quaresima: tempo per rinnovare fede, speranza e carità.
Cari fratelli e sorelle,
annunciando ai suoi discepoli la sua passione, morte e risurrezione, a compimento della volontà del Padre, Gesù svela loro il senso profondo della sua missione e li chiama ad associarsi ad essa, per la salvezza del mondo.
Nel percorrere il cammino quaresimale, che ci conduce verso le celebrazioni pasquali, ricordiamo Colui che «umiliò sé stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce» (Fil 2,8). In questo tempo di conversione rinnoviamo la nostra fede, attingiamo l’“acqua viva” della speranza e riceviamo a cuore aperto l’amore di Dio che ci trasforma in fratelli e sorelle in Cristo. Nella notte di Pasqua rinnoveremo le promesse del nostro Battesimo, per rinascere uomini e donne nuovi, grazie all’opera dello Spirito Santo. Ma già l’itinerario della Quaresima, come l’intero cammino cristiano, sta tutto sotto la luce della Risurrezione, che anima i sentimenti, gli atteggiamenti e le scelte di chi vuole seguire Cristo.
Il digiuno, la preghiera e l’elemosina, come vengono presentati da Gesù nella sua predicazione (cfr Mt 6,1-18), sono le condizioni e l’espressione della nostra conversione. La via della povertà e della privazione (il digiuno), lo sguardo e i gesti d’amore per l’uomo ferito (l’elemosina) e il dialogo filiale con il Padre (la preghiera) ci permettono di incarnare una fede sincera, una speranza viva e una carità operosa.
1. La fede ci chiama ad accogliere la Verità e a diventarne testimoni, davanti a Dio e davanti a tutti i nostri fratelli e sorelle.
In questo tempo di Quaresima, accogliere e vivere la Verità manifestatasi in Cristo significa prima di tutto lasciarci raggiungere dalla Parola di Dio, che ci viene trasmessa, di generazione in generazione, dalla Chiesa. Questa Verità non è una costruzione dell’intelletto, riservata a poche menti elette, superiori o distinte, ma è un messaggio che riceviamo e possiamo comprendere grazie all’intelligenza del cuore, aperto alla grandezza di Dio che ci ama prima che noi stessi ne prendiamo coscienza. Questa Verità è Cristo stesso, che assumendo fino in fondo la nostra umanità si è fatto Via – esigente ma aperta a tutti – che conduce alla pienezza della Vita.
Il digiuno vissuto come esperienza di privazione porta quanti lo vivono in semplicità di cuore a riscoprire il dono di Dio e a comprendere la nostra realtà di creature a sua immagine e somiglianza, che in Lui trovano compimento. Facendo esperienza di una povertà accettata, chi digiuna si fa povero con i poveri e “accumula” la ricchezza dell’amore ricevuto e condiviso. Così inteso e praticato, il digiuno aiuta ad amare Dio e il prossimo in quanto, come insegna San Tommaso d’Aquino, l’amore è un movimento che pone l’attenzione sull’altro considerandolo come un’unica cosa con sé stessi (cfr Enc. Fratelli tutti, 93).
La Quaresima è un tempo per credere, ovvero per ricevere Dio nella nostra vita e consentirgli di “prendere dimora” presso di noi (cfr Gv 14,23). Digiunare vuol dire liberare la nostra esistenza da quanto la ingombra, anche dalla saturazione di informazioni – vere o false – e prodotti di consumo, per aprire le porte del nostro cuore a Colui che viene a noi povero di tutto, ma «pieno di grazia e di verità» (Gv 1,14): il Figlio del Dio Salvatore.
2. La speranza come “acqua viva” che ci consente di continuare il nostro cammino
La samaritana, alla quale Gesù chiede da bere presso il pozzo, non comprende quando Lui le dice che potrebbe offrirle un’“acqua viva” (Gv 4,10). All’inizio lei pensa naturalmente all’acqua materiale, Gesù invece intende lo Spirito Santo, quello che Lui darà in abbondanza nel Mistero pasquale e che infonde in noi la speranza che non delude. Già nell’annunciare la sua passione e morte Gesù annuncia la speranza, quando dice: «e il terzo giorno risorgerà» (Mt 20,19). Gesù ci parla del futuro spalancato dalla misericordia del Padre. Sperare con Lui e grazie a Lui vuol dire credere che la storia non si chiude sui nostri errori, sulle nostre violenze e ingiustizie e sul peccato che crocifigge l’Amore. Significa attingere dal suo Cuore aperto il perdono del Padre.
Nell’attuale contesto di preoccupazione in cui viviamo e in cui tutto sembra fragile e incerto, parlare di speranza potrebbe sembrare una provocazione. Il tempo di Quaresima è fatto per sperare, per tornare a rivolgere lo sguardo alla pazienza di Dio, che continua a prendersi cura della sua Creazione, mentre noi l’abbiamo spesso maltrattata (cfr Enc. Laudato si’, 32-33.43-44). È speranza nella riconciliazione, alla quale ci esorta con passione San Paolo: «Lasciatevi riconciliare con Dio» (2 Cor 5,20). Ricevendo il perdono, nel Sacramento che è al cuore del nostro processo di conversione, diventiamo a nostra volta diffusori del perdono: avendolo noi stessi ricevuto, possiamo offrirlo attraverso la capacità di vivere un dialogo premuroso e adottando un comportamento che conforta chi è ferito. Il perdono di Dio, anche attraverso le nostre parole e i nostri gesti, permette di vivere una Pasqua di fraternità.
Nella Quaresima, stiamo più attenti a «dire parole di incoraggiamento, che confortano, che danno forza, che consolano, che stimolano, invece di parole che umiliano, che rattristano, che irritano, che disprezzano» (Enc. Fratelli tutti [FT], 223). A volte, per dare speranza, basta essere «una persona gentile, che mette da parte le sue preoccupazioni e le sue urgenze per prestare attenzione, per regalare un sorriso, per dire una parola di stimolo, per rendere possibile uno spazio di ascolto in mezzo a tanta indifferenza» (ibid., 224).
Nel raccoglimento e nella preghiera silenziosa, la speranza ci viene donata come ispirazione e luce interiore, che illumina sfide e scelte della nostra missione: ecco perché è fondamentale raccogliersi per pregare (cfr Mt 6,6) e incontrare, nel segreto, il Padre della tenerezza.
Vivere una Quaresima con speranza vuol dire sentire di essere, in Gesù Cristo, testimoni del tempo nuovo, in cui Dio “fa nuove tutte le cose” (cfr Ap 21,1-6). Significa ricevere la speranza di Cristo che dà la sua vita sulla croce e che Dio risuscita il terzo giorno, «pronti sempre a rispondere a chiunque [ci] domandi ragione della speranza che è in [noi]» (1Pt 3,15).
3. La carità, vissuta sulle orme di Cristo, nell’attenzione e nella compassione verso ciascuno, è la più alta espressione della nostra fede e della nostra speranza.
La carità si rallegra nel veder crescere l’altro. Ecco perché soffre quando l’altro si trova nell’angoscia: solo, malato, senzatetto, disprezzato, nel bisogno… La carità è lo slancio del cuore che ci fa uscire da noi stessi e che genera il vincolo della condivisione e della comunione.
«A partire dall’amore sociale è possibile progredire verso una civiltà dell’amore alla quale tutti possiamo sentirci chiamati. La carità, col suo dinamismo universale, può costruire un mondo nuovo, perché non è un sentimento sterile, bensì il modo migliore di raggiungere strade efficaci di sviluppo per tutti» (FT, 183).
La carità è dono che dà senso alla nostra vita e grazie al quale consideriamo chi versa nella privazione quale membro della nostra stessa famiglia, amico, fratello. Il poco, se condiviso con amore, non finisce mai, ma si trasforma in riserva di vita e di felicità. Così avvenne per la farina e l’olio della vedova di Sarepta, che offre la focaccia al profeta Elia (cfr. 1 Re 17,7-16); e per i pani che Gesù benedice, spezza e dà ai discepoli da distribuire alla folla (cfr. Mc 6,30-44). Così avviene per la nostra elemosina, piccola o grande che sia, offerta con gioia e semplicità.
Vivere una Quaresima di carità vuol dire prendersi cura di chi si trova in condizioni di sofferenza, abbandono o angoscia a causa della pandemia di Covid-19. Nel contesto di grande incertezza sul domani, ricordandoci della parola rivolta da Dio al suo Servo: «Non temere, perché ti ho riscattato» (Is 43,1), offriamo con la nostra carità una parola di fiducia, e facciamo sentire all’altro che Dio lo ama come un figlio. «Solo con uno sguardo il cui orizzonte sia trasformato dalla carità, che lo porta a cogliere la dignità dell’altro, i poveri sono riconosciuti e apprezzati nella loro immensa dignità, rispettati nel loro stile proprio e nella loro cultura, e pertanto veramente integrati nella società» (FT, 187).
Cari fratelli e sorelle, ogni tappa della vita è un tempo per credere, sperare e amare. Questo appello a vivere la Quaresima come percorso di conversione, preghiera e condivisione dei nostri beni, ci aiuti a rivisitare, nella nostra memoria comunitaria e personale, la fede che viene da Cristo vivo, la speranza animata dal soffio dello Spirito e l’amore la cui fonte inesauribile è il cuore misericordioso del Padre.
Maria, Madre del Salvatore, fedele ai piedi della croce e nel cuore della Chiesa, ci sostenga con la sua premurosa presenza, e la benedizione del Risorto ci accompagni nel cammino verso la luce pasquale.
Roma, San Giovanni in Laterano, 11 novembre 2020, memoria di San Martino di Tours
Francesco