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Cristo Re dell’ universo e la “conversione ecologica”. La proposta del Carisma Minimo

 

 Il Cristo di cui si celebra l’Avvento e il mistero dell’incarnazione all’inizio di ogni Anno Liturgico, del quale si esalta la Resurrezione in seguito all’immolazione e alla morte di croce e del quale si segue la pedagogia dei miracoli, delle guarigioni e degli insegnamenti nel corso dello stesso Anno, già nel mistero della Trasfigurazione viene identificato come il Dio di gloria dalle vesti candide. Emerge in questo episodio, come in diversi altri, il Cristo Vero Dio e Vero Uomo, Dio che nella seconda Persona della Trinità assume la nostra carne divenendo in tutto simile a noi fuorché nel peccato, ma che non per questo smentisce la sua gloria e magnificenza. La medesima idea di divinità suggerisce che lui sia anche Re e Signore della vita, del cosmo e della sto-ria perché Creatore di tutte le cose che dalla sua Provvidenza ven- gono mantenute in essere. Essendo Dio eterno e preesistente con il Padre e lo Spirito Santo (Gv 1, 1 – 14; Gv 17, 5; 1Gv 5, 20 – 22) Cristo è anche il Padrone assoluto del cosmo, Signore e Dominatore universale. Ecco che allora, all’epilogo di ogni Anno Liturgico, ci si trova a celebrare questa Solennità liturgica che lo esalta con questi appellativi: Cristo, Signore e Verbo di Dio è il Re dell’Uni- verso e tale va riconosciuto ed esaltato dall’intera creazione soprattutto dall’uomo redento. Il Cristo di cui si parla durante l’intero Anno ricco di culti, riti e celebrazioni che ne esaltano il mistero, è pur sempre in Sovrano dell’intero sistema universale che da lui proviene, a lui converge e di cui egli stesso è il centro. In relazione a Cristo va guardato l’universo intero e ciascuna delle sue componenti, perché ogni cosa in Cristo assume senso e rilevanza e tutto vive in armonia grazie al suo essere unico Mediatore universale. Assai nota è l’espressione di San Paolo ai Colossesi a tal proposito: “Egli è immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura; poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potestà. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui (Col 1, 12 – 17). Essa ci delinea la figura di Colui (il Verbo) che era sin dall’eternità con il Padre, a Lui associato come Dio preesistente e per mezzo del quale il Padre ha posto in essere tutte le cose che sottostanno a lui e che a lui convergono come ad un fulcro centrale. Egli oltre che il Principio è anche il fine ultimo di tutte le cose (Ap 21, 6), perché tutto il cosmo avendo avuto ori- gine da lui, trova in lui il suo obiettivo finale. A rendere palese e definitivo il primato di Cristo su tutte le cose è particolarmente l’elemento della Resurrezione, che rende Cristo Signore, ma tale regalità viene espressa come indubbia ancor prima della Pasqua, attraverso le suddette opere di amore e di umiliazione con cui Cristo ha spogliato se stesso, facendosi obbediente fino alla morte per essere poi “esaltato con un nome ad sopra di ogni altro nome, perché ogni ginocchio davanti a lui si pieghi e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore”(Fil 2, 1 – 10). Cristo Signore Re di tutte le creature . Non solo l’uomo, ma anche l’intera creazione ri-conosce in Cristo Re dell’Universo il suo Fautore, essendo essa opera di Dio Padre realizzata at- traverso il Figlio nella potenza dello Spirito Santo e in virtù del Cristo stesso esistono tutte le cose e anche noi viviamo per lui (Cfr. 1Cor 8,6); Cristo è al centro di tutta la creazione e ogni cosa creata e per questo è in grado di dominare le tempeste e i flutti marini (Mc 4, 35 – 41). A tutto il creato non resta che usare umiltà e deferenza verso questa sovranità che Cristo esercita, sottomettendosi a lui ed esaltando la sua signoria universale, ma anche confidando nella sua centralità come motivo di salvezza e di redenzione. Del resto il dominio di Dio su ogni essere vivente e su ogni singola particella del cosmo coincide con le sue intenzioni fondamentali di amore e di salvezza e ogni singola creatura è preziosa agli occhi del suo Fautore, prima fra tutte l’uomo, il suo ingegno e la sua creatività: “Due passeri non si vendono per un soldo? Eppure non ne cade uno solo in terra senza il volere del Padre vostro. Quanto a voi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non temete dunque; voi valete più di molti passeri.” (Mt 10, 29 – 31). Man mano che procede nell’opera della crea-zione, Dio contempla il suo operato e conclude di volta in volta che è “cosa bella e buona” (Gen 1, 4. 10. 12) e nell’intera Scrittura l’universo, spesso identificato come “tutte le cose” non è mai visto in rapporto a se stesso, ma sempre finalizzato a Dio e orientato alla felicità dell’uomo. Ogni cosa posta in essere è oggetto di amore da parte del suo Creatore e nulla di ciò che esiste viene da questi detestata: “Perché tu ami tutte le cose esistenti nulla disprezzi di quanto hai creato. Se avessi odiato qualcosa, non l’avresti neanche creata. Come potrebbe sussistere una cosa se tu non vuoi? O conservarsi, se tu non l’avessi chiamata all’esistenza?” (Sap 11, 24 – 25) Alla predilezione del Creatore e per inciso di Cri-sto Re dell’Universo corrisponde la lode da parte di tutte le cose create, in particolar modo nel famoso cantico di Daniele (3, 56 – 88) nel quale ogni elemento della natura, ogni essere vivente e alla fine l’uomo singolo e le civiltà organizzate bene- dicono ed esaltano il Signore; così pure il Salmo 8 e il Salmo 148 invitano gli astri, le piante, neve e nebbia a lo-dare il loro Creatore. A Cristo, primo e Ultimo, definito l’Agnello assiso sul trono accanto a Dio Padre vengono tributati onore e gloria e potenza per tutti i secoli in eterno (Ap 5, 13). Sempre la Scrittura ci ragguaglia però che il cosmo si affida al Cristo Re dell’Universo anche nella sopportazione e nella sofferenza, poiché “la creazione geme e “aspetta di essere liberata dalla caducità e dalla corruzione per entrare nella libertà e nella gloria dei figli di Dio” (Rm 8, 19. 21) il che vuol dire che essa aspetta il compimento della gloria finale quando la corruzione e la sofferenza avranno fine al momento del Giudizio; attualmente soccombe alle brutture e alle empietà. Un giorno il Figlio di Dio porterà il cosmo allo stato di liberazione definitiva e la natura, ivi compreso l’uomo gioirà nella misura in cui ha sofferto al presente, come una donna che vive le doglie del parto in attesa della gioia del nascituro. Cristo Verbo di Dio, Signore della storia, condurrà tutta la creazione alla gloria finale, tuttavia anche adesso essa può sperare in lui e trovare la caparra di questo compimento finale. Essendo Cristo al centro di tutta la creazione, ogni elemento di essa infatti acquista il suo senso e la sua ragion d’essere e può avvalersi della sua protezione e del suo sostegno. Possiamo allora considerare la figura di Cristo re dell’Universo anche nella condizione attuale di estrema emergenza della realtà creaturale per l’innalzamento della temperatura globale a causa della combustione di carboni fossili e dell’immissione continua di anidride carbonica nell’aria, utile sotto certi aspetti ma lesiva per l’atmosfera se emessa in modo incontrollato. Lo scioglimento repentino dei ghiacci determina l’innalzamento dei livelli dei mari e degli oceani (quasi 4 mm all’anno), il conseguente stravolgimento delle stagioni, il mutamento delle condizioni di habitat di molte specie marine e terrestri, l’aumento delle alluvioni e dei nubifragi, ormai non più rari come in altri tempi. Con la conseguenza della turbativa sempre crescente del nostro ecosistema, nel quale potrebbero subentrare in un futuro assai prossimo condizioni di invivibilità irreversibili per l’uomo. L’Amazzonia, da sempre definita il “polmone del mondo”, con la sua superficie di oltre cinque milioni di km quadrati, è vituperata con continue aggressioni di estrattivismo e di deforestazione, oltre che ai continui incendi che assieme ad altri fenomeni hanno causato l’estinzione di parecchie specie animali. Tutto questo imputabile per la maggior parte all’industrializzazione e all’attività umana, di fatto sproporzionata e irriverente nei confronti della natura, al punto da averne manomesso in buona parte i percorsi originari. A detta degli studiosi saremmo entrati recentemente in una nuova epoca geologica, definita Antropocene e determinata appunto dall’incidenza dell’attività umana sull’andamento e sulle modifiche strutturali del pianeta. L’ Olocene, iniziato circa 11700 anni or sono e contrassegnato dalle progressive glaciazioni, sarebbe stato superato da questa nuova era in cui ci troveremmo, che sarebbe stata individuata peraltro dalla presenza di plastica e altro materiale di provenienza umana nella geologia della terra. Senza prescindere da Dio e dal suo Verbo Il recente Sinodo sull’Amazzonia ha riaffermato l’emergenza attuale della situazione ambientale globale del pianeta, rilevando tuttavia che l’interesse per l’ecologia e per il creato non costituisce una novità per la Chiesa: la Tradizione ha sempre sostenuto che il rapporto dell’uomo con la natura debba identificarsi come quello di custode e non di padrone asso- luto della creazione e non si può prescindere dalla provenienza trascendente del cosmo nell’impostazione di qualsiasi salvaguardia dell’ambiente. Va recuperato cioè all’origine il concetto di natura quale dono inestimabile di Dio e dell’uomo collaboratore di Questi nella tutela di ogni elemento creaturale e va respinta qualsiasi assolutizzazione antropologica dell’ideologia moderna che tende ad escludere ogni riferimento etico e religioso. Escludendo Dio e il concetto di creazione si rischia di intervenire sulle urgenze del pianeta in modo in-completo, forse costruttivo per certi versi ma esiziale e pernicioso sotto altri aspetti, come nel caso dei movimenti ambientalisti di matrice laica che lottano per la tutela dell’aria e delle risorse idriche ma d’altra parte incoraggiano e promuovono rovinosi espedienti quali l’inseminazione artificiale, la clonazione e lo sfruttamento di embrioni umani. Nel suo saggio di Etica teologale Cozzoli osserva che “una socia cul- tura dell’indifferenza… fa dell’amore un sentimento e una premura indi- stinta e preferenziale. Indistinta, nel senso che gli esseri, equivalendosi, meritano tutti lo stesso amore. Preferenziale nel senso che ciascuno decide i suoi amori, a seconda dei gusti e delle inclinazioni. Al punto che animali e piante e cose ricevono attenzioni e riconoscimenti pari o superiori alle persone; mentre persone in particolari situazioni di piccolezza, debolezza, inabilità o marginalità non ricevono più alcuna cura o sono addirittura disconosciute nella loro dignità. A ciò porta un animalismo, un naturalismo e un ecologismo ingenuo e qualunquista, incapace di misurarsi con la diversità ontica e valoriale degli esistenti.” Riferimenti esclusivamente antropologici e provenienti da ideologie e culture di varia matrice nella tutela del mondo animale e vegetale trascurano ad-dirittura i fondamentali valori della vita umana, a volte soppiantando questi a beneficio degli altri es-seri viventi. Papa Francesco nell’Enciclica Laudato sì avverte che è vano e contradditorio l’accanimento da parte di ecologisti che tentano con tutti i mezzi di difendere l’integrità dell’ambiente ponendo limiti dalla ricerca scientifica, ma non si curano di applica-re i medesimi principi alla tutela della vita umana, favorendo e a volte promuovendo gli esperimenti sugli embrioni umani. Come pure denuncia la contraddizione di movimenti animalisti intenti alla tutela di alcune specie viventi ma poco attivi a tutelare i fondamentali diritti della vita umana; altri che per un verso sostengono alcuni aspetti dell’ecologia ma tendono a scoraggiarne altri della stessa identità. Non è contraddittorio voler sostenere la natura partendo solamente dal proprio punto di vista ideologi-co ed esclusivista che la aggredisce sotto altri ambi-ti di maggiore importanza? Piuttosto che curare un solo ambito oggetto di preferenza ideologica non si dovrebbe perseguire la salvaguardia di tutto il sistema naturale nelle sua globalità, difendendo con tutti i mezzi anche le leggi fisiche e genetiche naturali, scongiurando il pericolo di manomissioni e manipolazioni a proprio piacimento? Certamente piante, animali, aria, acqua, terra e ogni altro elemento naturale va difeso con tutte le forze, e qualsiasi atto di deprezzamento verso animali e vegetali incide negativamente sulla dignità dell’uomo. Ogni specie vivente e qualsiasi elemento naturale vanno curati e tutelati con il massimo rispetto, combattendo tutte le minacce alla sopravvivenza delle specie e degli ambienti, ma se una tutela dell’ambiente (M. Cozzoli, Etica teologale. Fede, Carità, Speranza, Paoline, Cinisello Balsamo 2010, pag. 295) . deve necessariamente darsi, questa non può escludere nessuno degli aspetti della natura. Per questo motivo cosmo, ambiente, ecosistema e natura non possono prescindere dal riferimento a Dio per essere concepiti come creazione e per ciò stesso come dono, il che significa come qualcosa di immeritato e di prezioso da proteggere nella sua globalità senza alterazioni e da mante- nere nel suo ordine genuino originario. Solo in questa prospettiva etica e religiosa è possibile promuovere una tutela ecologica obiettiva e totalizzante, specialmente al presenziare dei rischi di cui abbiamo fatto menzionene, che costituiscono una seria minaccia per la nostra convivenza. Solo nell’ordine metafisico è possibile concepire la natura e le sue varie componenti come dono da custodire e da difendere totalmente e con tutti i mezzi e non è possibile quindi un’ecologia che prescinda dalla trascendenza e dalla fede. Ecco perché Cristo Re dell’Universo rivendica la sua legittima autorevolezza in forza della centralità che assume su tutte le cose; con il suo appello alla metanoia “Convertitevi e credete al vangelo” (Mc 1, 15) richiama tutti al ravvedimento personale anche in vista della tutela delle cose di cui è stato Creatore come Verbo divino.Facendo eco a Benedetto XVI che denunciava l’esistenza di un inquinamento spirituale che è all’origine di quello ambientale cosmico, Francesco invita innanzitutto a un rinnovamento culturale che sia all’origine di qualsiasi intraprendenza della tutela dell’ambiente, che favorisca la limitazione dell’inventiva dell’uomo a discapito della natura, ma che allo stesso tempo salvaguardi la nostra posizione di uomini quali soggetti responsabili e custodi del creato, principali beneficiari di questo smisurato dono del Signore. E’ ormai opinione comune che qualsiasi provvedimento a vantaggio della vita del pianeta va intrapreso sulla base di valori morali che determinino il vero perseguimento del bene ambientalistico; per ciò stesso l’uomo è chiamato ad atteggiarsi adeguatamente in rapporto con Dio, con se stesso e con la terra in cui vive, adoperando umiltà, rispetto e carità in questa triplice dimensione, quindi anche verso il creato. Cristo, nel quale si ritrovano tutte le cose che in lui saranno ricapitolate (Ef 1, 10), costituisce il riferimento trascendente unico e irrinunciabile. Conversione e rinnovamento per amore del cosmo. Occorre prendere coscienza che parecchie azioni distruttive del nostro ambito di convivenza quali l’inquinamento e l’emissione spropositata di carbonio nell’aria sono originate dalla mera volontà di guadagno a tutti i costi, dal profitto e dall’interesse personale a discapito dell’atmosfera e del generale stato di salute del pianeta; dalla mancata consapevolezza che non sempre il progresso e l’avanguardia coincidono con l’emissione sproporzionata di combustibili fossili e di gas e con la deforestazione. E’ indispensabile assumere consapevolezza che il vantaggio economico non va perseguito sulla salute dei cittadini, che il mercato capitalistico sfrenato non può incidere sulla salute globale del mondo e non può legittimare deforestazioni e sperperi di risorse idriche e che è possibile individuare tante occasioni nelle quali scongiurare l’uso improprio di materiale pericoloso per l’ambiente. Fin quando gli Stati continueranno a trascurare l’emergenza dello scioglimento dei ghiacciai ed esiteranno ad intervenire nel timore di compromettere la loro posizione economica, si troveranno in una situazione di colpevolezza e di irresponsabilità sul futuro del pianeta e fin quando non si rivedranno i programmi di industrializzazione a livello globale con nuove strumentalità più adeguate saremo la vita dell’uomo sarà sempre a rischio e pericolo. Fin quando però non ci si educherà personalmente al dovere morale di salvaguardia dell’ambiente anche nelle piccole scelte del quotidiano e non si inculcherà amore e attenzione verso i nostri ambienti e territori non si potrà pretendere che a livello globale la situazione volga al meglio. Occorre formare le mentalità soprattutto giovani alla cura del luogo in cui si vive, alla disciplina e alla pulizia sotto tutti gli aspetti; favorire una giusta ed equilibrata cultura della natura che faccia concepire indispensabile la tutela dei nostri luoghi e dell’intero sistema planetario e impostare un’etica che esorcizzi il pericolo della corruzione ai livelli di politica e di economia, che spesso non è estranea al danneggiamento dell’ambiente. Tutto questo coincide con l’appello da sempre accoratamente rivolto da Dio alla conversione. “Il tempo è compiuto. Il regno di Dio è vicino. Convertitevi e credete al Vangelo.” (Mc 1, 15) è l’esordio del Vangelo di Marco che annuncia con la presenza di Gesù la nuova era della salvezza e la novità del regno di Dio che lo stesso Cristo è venuto ad apportare nel mondo. L’annuncio però è legato anche ad un invito: accettare questa novità e assumerla nella nostra vita essendo questa vicina, alla portata di tutti. Veniamo esortati ad accogliere in Cristo la parola che Dio ci rivolge immedesimandoci in essa quale Parola di vita che fonda il criterio per impostare il nostro sistema di convivenza individuale e collettiva. Accogliere la novità del Regno è possibile nella prospettiva della fede, che è accettazione libera, consapevole e incondizionata ma che necessita in primo luogo della conversione. Per poter credere occorre convertirsi. Questo processo riguarda la presa di coscienza del primato di Dio sulla nostra vita, della sua misericordia che verte a recuperare l’uomo indicando la realtà perniciosa del suo peccato e la necessità di dover percorrere altre vie di realizzazione che esulino da sé stesso. La Parola di Dio, quando è accolta e trasformata in fatto vitale, produce un mutamento di mentalità e di coscienza ingenerando nel cuore i sentimenti stessi di Gesù Cristo che ci chiama a concepire valida l’alternativa di Dio al peccato. Convertirsi vuol dire infatti convincersi dell’amore di Dio che contrasta con le nostre preferenze egoisti-che che danneggiano noi stessi e gli altri e tale prospettiva non esclude il nostro rapporto con la natura e con gli elementi del mondo. Tornare a Dio vuol dire infatti aver cura del prossimo sotto tutti gli aspetti, anche nella specificità della tutela dell’ambiente e della natura, nella consapevolezza che rovinare questa significa danneggiare l’uomo stesso. Nella prospettiva della conversione radicale e del rinnovamento della persona sono possibili quelle irrinunciabili risorse di dialogo, di onestà, buonsenso e radicalità che il pontefice delinea indispensabili perché si raggiungano gli obiettivi suddetti a livello internazionale atte a favorire la ricerca di fonti alternative ai fossili dannosi e all’emissione di tossici e veleni apportatrici di danni al nostro sistema (cap. V e VI) e in generale alla pro- mozione di una cultura dell’ambiente e dell’ecologia. Il “cambiamento di rotta” nella persona è indispensabile perché si favorisca l’inserimento di produttività imprenditoriali dal forte risparmio energetico che tolgano dal mercato prodotti lesivi all’ambiente e poco efficaci dal punto di vista energetico (180) e limitino al massimo produzione e la diffusione di gas lesivi. L’umiltà e l’integrità di vita interiore favoriscono anche la promozione di una persona ricca di valori e di privilegi spirituali esaltanti già a prescindere dalla tutela dell’ecologia che lo stesso documento del papa (cap. VI) delinea come importanti per il contributo alla salvaguardia dell’ambente: la sobrietà, la semplicità d vita, la fuga dal consumismo e dagli sperperi soprattutto presso le popolazioni sovrasviluppate. Coefficiente valido è anche il progressivo cambiamento delle abitudini soggettive che vertano alla modestia e alla discrezione nell’uso dei beni di consumo. Scrive infatti papa Francesco: “Quando le persone diventano auto- referenziali e si isolano nella loro coscienza, accrescono la propria avidità. Più il cuore della persona è vuoto, più ha bisogno di oggetti da comprare, possedere e consumare… In questo orizzonte non esiste neanche un vero bene comune.”2 Il rinnovamento della persona è alla base del muta-mento degli stili di vita che potrebbe “esercitare una sana pressione su coloro che detengono il potere politico, economico e sociale. È ciò che accade quando i movimenti dei consumatori riescono a far sì che si smetta di acquistare certi prodotti e così diventano efficaci per modificare il comportamento delle imprese, forzandole a considerare l’impatto ambientale e i modelli di produzione. È un fatto che, quando le abitudini sociali intaccano i profitti  Laudato si, 204 delle imprese, queste si vedono spinte a produrre in un altro modo… Acquistare è sempre un atto morale, oltre che economico.” Piccole azioni quotidiane come la rinuncia al riscaldamento nei condomini quando questo non sia proprio indispensabile, la limitazione del consumo di acqua, gas ed energia elettrica, l’accortezza nella raccolta differenziata dei rifiuti e il guardarsi dall’eccessivo uso di plastica e cartacei sono espressione di una maturità consolidata in fatto di ecologia (211). Essa coincide con un’edificante formazione umana e spirituale che inevitabilmente avrà le sue magnifiche conseguenze nella concretezza degli atti di carità verso il prossimo. Essa è la risultante di un avvenuto processo di conversione nei termini sopra esposti, di cui sono protagonisti Dio e il suo Verbo, che fonda la responsabilità personale del soggetto umano. Ecco perché l’amore per l’ecologia, per il fatto stesso che non può prescindere dal riferimento a Dio, non può non essere preceduta dal carisma di conversione e di penitenza. Sempre papa Francesco apporta quale incentivo all’amore per l’in- tera creazione la figura di San Francesco d’Assisi, dalla cui famosa espressione prende nome il suo Documento magisteriale e in effetti la spiccata sensibilità del Poverello nei confronti del sole, della luna, del fuoco, l’aria e di ogni altro elemento cosmico oggetto della sua contemplazione faceva sì che nell’ordine naturale egli vedesse l’impronta del Creatore.Pascal affermava che la natura ha delle perfezioni per dimostrare che essa è immagine di Dio e ha tanti difetti per dimostrare che ne è solo un’immagine, ma lo sguardo sensibile e attento si rivolge principalmente alla perfezione e alla completezza di ogni singolo ente cr eato e immediatamente concepisce che esso rimanda al Dio Fautore. Così san Francesco di Assisi amava osservare attorno a sé ogni cosa per percorrere all’incontrario la strada che Dio aveva fatto nel processo della sua creazione. Papa Francesco descrive però il santo di Assisi nella particolare figura di sprone alla sequela del Cristo penitente in ordine alla conversione interiore in vista Laudato si, 206 della conversione ecologica: “Ricordiamo il modello di San Francesco di As- sisi per proporre una sana relazione con il creato come una dimensione della conversione integrale della persona. Questo esige anche di ricono- scere i propri errori, peccati, vizi o negligenze e pentirsi di cuore, cambiare dal di dentro.” Riafferma così il pontefice la verità fondamenta-le che alla base di ogni provvedimento atto alla cura dell’ambiente e della natura non può non esservi un radicale mutamento di sé stessi che parta dall’umiltà, per- corra le tappe della conversione, accresca con questa il dono della fede e abbia come risultato tangibile copiosi frutti di carità operosa. Lo stesso Poverello di Assisi ci conduce tutta-via a guardare anche a san Francesco di Paola, peraltro a lui accomunato da fortissimi vincoli di devo-zione personale e familiare. Nella personalità e nel carisma personale di umiltà e di penitenza del nostro Santo Paolano si evince la volontà della ricerca assoluta di Dio, della fuga dal compromesso con il mondo, dello stile di vita onesta, integerrima e radicata nella fede e nella speranza che scaturiscono da un personale fascino con il divino che ha ripercussioni positive sul campo dell’ecologia, L’amore del Paolano nei confronti della natura è già evidente nella scelta giovanile di vita eremitica all’interno di una grotta priva di ogni comodità, nel mezzo di un ambiente aspro e selvatico di vegetazione spontanea. Arbusti e piantagioni selvatiche che costituivano con l’erba selvatica il panorama prevalente del luogo in cui viveva erano periodicamente frequentate da animali e uccelli boschivi che facevano riecheggiare il loro verso nell’aria incontaminata e ancora libera dagli artefatti dell’uomo. Le acque gelide del fiume Isca che scorreva accanto alla sua inospitale eppure sufficiente abitazione, per-correvano un letto ancora scevro da manipolazioni tecniche e mortificavano le membra del nostro Uomo, accrescendo l’estinzione dei piaceri effimeri della carne per elevare lo spirito alla contemplazione di Dio. Questa era favorita dal silenzio a volte interrotto dai 4 Laudato si, 218 suddetti versi e cinguettii, che incoraggiavano la preghiera e la contemplazione dello stesso Signore in ciascuna delle opere create dalle quali era attorniato. La presenza di Dio nell’ambiente circostante lo rendeva consapevole che era necessaria una mutazione della propria persona per contestare lo stato di corruzione e di precarietà morale in cui imperversava la società del suo tempo; che occorreva ricorrere allo stesso Dio creatore e redentore per cambiare il sistema a partire da sé stessi. Il contatto con la natura accresceva in Francesco di Paola l’umiltà che dischiude alla fede e alla carità ravvivate dalla speranza. Anche se non vi sono riferimenti espliciti alla promozione del rispetto per la natura nell’opera e nell’insegnamento di Francesco, episodi particolari della sua vita quale l’eremitaggio appena descritto lasciano intendere che nel Paolano l’amore per le cose incontaminate del mondo doveva necessariamente essere espressione del comprovato amore per il Signore. Francesco amava gli animali come l’agnellino Martinello, per l’omonimo asinello che lo accompagnerà durante il viaggio verso la Francia, per la trota Antonella risuscitata nella famosa fonte di Paola. La natura era il luogo in cui maggiormente egli poteva familiarizzare con Dio, vivere la propria intimità con il Trascendente, rinnovare se stesso in vista degli altri in conseguenza della preghiera e della meditazione indisturbata. Il rapporto di dialogo e di reciprocità con le risorse creaturali ot- teneva che la natura stessa lo premiasse e gli fosse favorevole, soprattutto quando interrompeva il suo corso regolare in occasione dei miracoli che Dio faceva per sua intercessione, soprattutto quando questi erano a vantaggio dell’uomo. In deroga alle forze di gravità gli scossoni di roccia si fermarono improvvisamente al suo cenno quando stavano per rovinare sul Santuario di Paola; le erbe selvatiche gli erano favorevoli come medicamenti per la cura delle ferite degli infermi e la natura faceva spesso eccezioni per suo tramite a favore di paralitici, ammalati, donne sterili e in tante altre circostanze favorevoli al popolo di Dio. Ma soprattutto nell’impostazione della spiritualità del suo Ordine scaturita dall’amore personale per il Cristo penitente è possibile ravvisare per implicito l’appello alla conversione del cuore anche in vista della tutela dell’ambiente: favorire un ritorno a Dio concepito come principale riferimento anche in ordine al creato, questo identificato per l’appunto come dimensione insostituibile della presenza del divino. Adoperare a tale scopo tutti i mezzi di spiritualità che accrescano l’umiltà e il ravvedimento, che favoriscano la limitazione del dispendio e dello sperpero, incoraggiando amore alla povertà e alla semplicità di vita che scongiuri lo spreco ingiustificato delle risorse. Riconoscere il primato di Dio equivale a fuggire l’arrivismo e la spregiudicatezza nella ricerca del potere e del successo economico, del guadagno a tutti i costi e dell’autoreferenzialità, effettivamente complici di ogni distruzione globale. L’appello alla conversione di cui è capace il carisma di penitenza minimo, che esalta lo spirituale sulla materia, assume consistenza pertanto quale sprone alla conversione personale in vista di un rinnovamento in senso ecologico. In definitiva esso ha la finalità di voler riaffermare per Cristo Re dell’Universo il diritto di centralità sul cosmo che l’uomo tende ad espropriargli nel tentativo vano di sostituirsi a lui, ma con la conseguenza di annientare sé stesso.

di  P. Gian Franco Scarpitta (tratto da App Charitas del 16 novembre 2019)